CORONAVIRUS: SARS VS COVID-19

Ieri mattina, riflettendo con un’amica, ricordavo la mia trattazione della SARS in un saggio economico scritto nel 2005. Poco meno di vent’anni fa, il mondo ebbe a che fare con la temibile SARS e già nel 2003 si parlava di pandemia e disastro planetario mancato. A quanto pare i cinesi sono costanti nel loro comportamento dissennato, ma anche il mondo occidentale non è da meno e non si è preparato a questo nuovo caso nonostante le ripromesse fatte all’indomani della fine del precedente coronavirus. Rileggendo il capitolo 2.3 di Le PMI italiane e la Cina mi accorgo di ritrovarvi molto di quello che sta accadendo ora. Quasi una fotocopia, incluse la dietrologia USA VS CHINA, i danni economici, la chiusura delle frontiere e la sospensione degli eventi sportivi. Incredibile, ma vero! 

Tuttavia, le conseguenze sulla salute di molte persone e sull’economia cinese e occidentale appaiono già ora peggiori. L’aggravante è la recidività dei cinesi, nonché la irresponsabilità dell’intero mondo “civile” che noncurante dei lampanti segnali di ribellione di Signora Natura continua impotente e impreparato agli eventi nel suo processo di inquinamento e autodistruzione di massa. Dalla SARS, se avrete voglia di leggere le prossime righe sulle cronache OMS dell’epoca, uscimmo con fortuna e probabilmente con l’innalzarsi delle temperature. Basterà il caldo a uccidere il poco decifrabile Covid-19 o saremo destinati ad ammalarci tutti, con alterni destini, di questo nuovo virus che potrebbe impazzare a lungo per l’intero pianeta? 

 

Dopo i pericoli per gli esseri umani, la SARS è una minaccia per il nostro stile di vita, il benessere diffuso ed il consumismo di massa. L’economia globale ci ha offerto privilegi senza precedenti, cancellando le distanze ha moltiplicato il commercio mondiale, ha messo a nostra disposizione il gigantesco serbatoio asiatico di manodopera: efficiente, laboriosa, a costi irrisori (da Le PMI italiane e la Cina. Trasferimenti di tecnologia e joint venture: analisi di un caso concreto di Cristiano Zanolli – Gedit Edizioni, Bologna 2005)

 

CAPITOLO 2.3.

 

L’EFFETTO SARS DEL 2003 SUL

“MADE IN CHINA”

 

Dal comunicato dell’Organizzazione Mondiale della Sanità del 5 luglio 2003:

 

L’epidemia di SARS è contenuta in tutto il mondo –

Oggi, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha rimosso Taiwan e la Cina dalla lista delle zone che recentemente hanno sofferto la trasmissione locale della Sindrome Respiratoria Acuta Grave (SARS). Taiwan è l’ultima regione ad essere tolta dalla lista. Sono passati venti giorni, cioè due periodi consecutivi di incubazione da dieci giorni, dall’ultimo caso verificatosi il 15 giugno. In base ai rapporti della sorveglianza nazionale, la catena umana della trasmissione del virus della SARS sembra essere stata interrotta ovunque nel mondo. Tuttavia, anche viste le molte problematiche che rimangono sulla SARS e la possibilità che alcuni casi possano essere sfuggiti alla rete di sorveglianza, la OMS avvisa che la continuazione della vigilanza globale per la SARS è necessaria nel futuro. Il mondo non è ancora libero dalla SARS, ma prendiamo atto che l’epidemia globale è stata contenuta. In questo momento dovremmo fermarci per ringraziare gli scienziati, gli operatori sanitari e ospedalieri che hanno corso dei rischi di fronte ad una malattia nuova e sconosciuta e dovremmo ricordare tutti quei lavoratori in prima linea che sono morti di SARS. La loro dedizione quotidiana, il loro coraggio e vigilanza hanno evitato una catastrofe globale. La SARS è un monito, poiché ha spinto anche i più avanzati sistemi sanitari pubblici verso un punto critico. Queste protezioni hanno tenuto, ma solo a mala pena e la prossima volta potremmo non essere così fortunati. Ora abbiamo un’opportunità e cioè quella di ricostruire le difese della sanità pubblica. Saranno necessarie per la prossima epidemia globale, che sia di SARS o di qualunque altra infezione. Bisogna mettere a punto un sistema di sorveglianza e risposta migliore che includa un rafforzamento dei legami fra strutture nazionali regionali e globali. I governi devono investire di più nel controllo delle infezioni ospedaliere. La SARS ci sta insegnando molte lezioni. Ora dobbiamo tradurre queste lezioni in azioni. Potremmo avere poco tempo e dobbiamo usarlo nel modo più saggio.

 

Che cos’è dunque questa malattia e dove avrebbe avuto origine? Nella trattazione di questo saggio non era possibile soprassedere ad un evento di così straordinaria portata, che ha tenuto in ansia tutto il mondo per diversi mesi e il cui strascico è ancora evidente. 

La sindrome della SARS (Severe Acute Respiratory Sindrome), nota anche come “polmonite atipica”, è una patologia causata da un nuovo microrganismo appartenente alla famiglia dei coronavirus, in grado di mutare molto velocemente, che attacca le vie respiratorie. L’epidemia avrebbe avuto il suo focolaio d’origine nel 2002 in Cina meridionale nella provincia di Guangdong, dove è stata riscontrata la maggior parte dei casi. Le autorità di Pechino ne hanno però ammesso l’esistenza soltanto a metà marzo. Dalla Cina l’epidemia si è poi diffusa in Vietnam, a Hong Kong e a Singapore. Da qui ha preso la strada per l’Occidente. I suoi sintomi sono: febbre alta, tosse secca, stato confusionale, diarrea, difficoltà di respiro. Si possono inoltre manifestare cefalea, dolori muscolari, malessere generale. Le radiografie evidenziano la presenza di polmonite atipica. Il contagio avviene per via aerea, attraverso le goccioline che si nebulizzano nell’aria starnutendo. Occorre comunque uno stretto contatto con la persona infetta. La maggior parte dei casi ha infatti riguardato operatori   sanitari e famigliari dei malati. Il periodo di incubazione va dai 3 ai 7 giorni e nel passaggio da uomo a uomo la virulenza della malattia diminuisce. 

 

Dalle cronache del 5 luglio 2003

 

Senza voler entrare troppo nel dettaglio dei numeri, si deve comunque segnalare (fonte OMS) che in tutto il mondo ci sono stati fino ad oggi (luglio 2003) 7433 ricoverati con 813 decessi e che le aree più colpite sono state Hong Kong, Singapore, Taiwan, Canada e soprattutto la Cina (5327 casi, 348 morti). Il 24.06.03 viene eliminata dall’OMS Pechino come ultima zona al mondo verso la quale era ancora raccomandato di posporre i viaggi e dal 2 luglio per Toronto è cessato lo stato di “zona infetta”. Dal 5 luglio anche Taiwan è rimossa dalle zone infette. Era l’ultimo Paese ad essere ancora a rischio per la possibilità della presenza della catena di contagio. Ormai non si considera a rischio di trasmissione SARS nessun Paese del mondo.

A quattro mesi dall’allarme mondiale, la battaglia sembra vinta, ma come già detto, l’OMS invita a non abbassare la guardia. Varie sono le teorie che hanno cercato di dare una spiegazione plausibile allo scoppio di quest’epidemia. Dagli orrori e misteri dell’unità 731 (la cosiddetta “fabbrica dei batteri” ove i giapponesi usavano sperimentare, sessant’anni fa, armi letali contro i prigionieri fatti in Manciuria) con le sue tonnellate di pericolosissimi agenti batteriologici e chimici scoperti e mai distrutti, ad un vero e proprio attentato untore per “pareggiare i conti” tra Cina ed economie asiatiche in genere e gli USA alle prese con il post-crollo delle Twin Towers. Una delle teorie più credibili, sembra comunque essere quella che vede come involontario paziente zero del virus killer un super scienziato cinese, il professor Liu Janlun. Il governo di Pechino gli aveva promesso mare e monti per trovare una cura al maledetto virus H5N1 che periodicamente faceva stragi di polli, tacchini ed anatre. Il microbiologo stava eseguendo delle procedure di manipolazione pericolose ed oltretutto segretamente. Il professore deve averne perso il controllo, inducendo in laboratorio una serie di mutazioni del virus. Poi il successivo viaggio, già malato, ad Hong Kong. Una ricostruzione agghiacciante, anche se difficile da verificare data l’omertà riscontrata all’ospedale Sun Yat-sen di Guangzhou.

In un’atmosfera da guerra atomica che avvolgeva Pechino, in questi ultimi mesi il virus letale ha fatto sentire i suoi effetti collaterali. Sono stati presto annullati grandi avvenimenti sportivi, quali i mondiali di ciclismo a Canton (previsti a fine luglio) ed i mondiali di calcio femminile (previsti a fine settembre). Il clima politico di questo Paese, proprio attraverso la crisi innescata da questa emergenza, ha rischiato di perdere quella stabilità sociale che resta obiettivo primario della nuova guardia dei “giovani” burocrati. A Shanghai ed in altre città, per esempio, sono state arrestate molte persone per aver resistito alla bonifica delle loro case, decisa nel quadro della lotta al virus. Il dissenso, approfittando del clima di emergenza nazionale, è uscito allo scoperto. “La prima preoccupazione del Governo dovrebbe essere il bene pubblico” ha scritto senza mezze parole il professor Mao Shoulong sulla prestigiosa rivista Nanfengchuan, “e non la crescita economica o i desideri delle organizzazioni internazionali. La disastrosa gestione di questa crisi” continua il professore, “ha messo in evidenza che questa classe di governo non è più adeguata a guidare una nazione moderna come vuole essere la Cina oggi. Per questo è necessario accelerare la transizione alla democrazia ed il ricambio effettivo della classe politica e di governo”. Per molto meno, pochi anni fa, il professor Mao sarebbe finito di filato in qualche Laogai (il Gulag cinese) per essere “rieducato attraverso il lavoro”. 

Quali sono stati gli effetti della SARS sul made in China? I contraccolpi più clamorosi hanno riguardato i grandi marchi Usa che producono in Asia. L’allarme lo ha lanciato la Nike che produce il 90% delle sue scarpe sportive in Asia e il 40% nella sola Cina. La sua catena di approvvigionamenti ha avuto grandi difficoltà ed il conto lo subiranno nel prossimo futuro gli adolescenti europei e americani con prezzi più alti. Il ciclo delle sue forniture asiatiche è rimasto per troppo tempo sotto tensione. Nel corso del mese di luglio, i vertici della Intel e della Motorola moltiplicano i vertici sulla SARS. Queste due multinazionali americane hanno 15.000 e 12.000 dipendenti in Asia, con cui (almeno allo stato attuale) stanno perdendo i contatti. Ai manager è vietato viaggiare, non possono più recarsi negli stabilimenti cinesi a dirigere le operazioni; gli ispettori non riescono a fare sul posto i controlli di qualità, indispensabili prima di comprare i prodotti.

I microchips della Intel sono diffusi come l’aria che respiriamo e da essi dipendono le memorie dei nostri computers ed il funzionamento dei nostri cellulari. Questa elettronica, anche quando non ce ne rendiamo conto, è ormai “made in China” (o in Vietnam). Progettata a Singapore e Taiwan, ma assemblata dalle fabbriche formicaio della regione di Guangdong, da cui proviene il coronavirus e dove le condizioni igieniche sono spesso al limite del sopportabile. La marca del cellulare può essere americana o svedese, ma il suo cuore e cervello è sicuramente asiatico. La moda stessa può avere griffe italiane o americane, ma i centri di produzione, per rimanere competitivi, sono molto lontani dagli atelier degli stilisti nostrani o americani. Proprio nel campo della moda, è da notare che le vendite al dettaglio in Cina (con l’emergenza SARS) hanno avuto un crollo a Pechino del 60% (fonte Ansa 18/7/03) che ha penalizzato anche le grandi firme della moda italiana. Da Ermenegildo Zegna, a Benetton e Max Mara, ci sono stati cali (a fine aprile) anche vicini al 90%. 

C’è però chi si è arricchito, per esempio le assicurazioni sulla vita hanno segnato notevoli incrementi, ma non dimentichiamo altri problemi legati a questa emergenza, come le molte fiere annullate che hanno causato influssi negativi sull’export (in Italia –5%). 

Dopo i pericoli per gli esseri umani, la SARS è una minaccia per il nostro stile di vita, il benessere diffuso ed il consumismo di massa. L’economia globale ci ha offerto privilegi senza precedenti, cancellando

 le distanze ha moltiplicato il commercio mondiale, ha messo a nostra disposizione il gigantesco serbatoio asiatico di manodopera: efficiente, laboriosa, a costi irrisori. 

Clamorosamente la Cina, negli ultimi due anni, ha sorpassato Giappone e Germania come principale partner commerciale degli Stati Uniti. Dal boom degli schermi ultrapiatti ai telefonini di terza generazione, i simboli di un’era opulenta sono fondati su questa divisione globale del lavoro che vede in simbiosi due mondi, sul nuovo contratto economico che lega Occidente e Oriente. La nuova economia globale si regge su un’organizzazione complessa. Le grandi multinazionali americane, giapponesi e tedesche hanno esaltato i metodi just in time, schiacciando i costi di produzione e riducendo al minimo i magazzini di scorte e le giacenze improduttive. I sistemi di monitoraggio sorvegliano le fasi di produzione nelle fabbriche asiatiche, la consegna ai camion ed il seguente carico sulle navi portacontainer, l’arrivo ai magazzini europei e americani, fino a registrare istantaneamente le variazioni delle scelte del consumatore sugli scaffali del grande magazzino. Questa intelligenza logistica e gestionale che scandisce i ritmi di vita dell’economia globale è anche il suo tallone di Achille. Aeroporti e porti sono infrastrutture nevralgiche che supportano i nostri consumi e la mobilità degli uomini è indispensabile. 

L’11 settembre 2001 ha già dimostrato come si può mettere in ginocchio la superpotenza USA chiudendo aeroporti e frontiere. Ora anche per la Cina e gli altri Paesi colpiti duramente dalla SARS riaprire i cieli e far ripartire la grande macchina dei trasporti mondiale ha avuto la stessa priorità assoluta. Si era addirittura diffuso un brivido tra le imprese di fronte alle voci (non confermate) secondo cui il coronavirus, trasportato dalle mani degli operai, potesse sopravvivere per qualche settimana incollato a vestiti, computers, manufatti. Questo sembra un altro sintomo di una economia globale sull’orlo di una crisi di nervi. Le multinazionali americane, per ogni ulteriore evenienza drammatica, avrebbero già pronti i piani per una retromarcia della delocalizzazione, per riportare interi pezzi della loro produzione più vicini a casa (per esempio in Messico). Sarebbe un colpo senza precedenti alla globalizzazione.

Si è trattato sino ad ora di multinazionali, ma non si dimentichi che la grande scommessa della Cina, evento cruciale della storia recente, riguarda più che mai le nostre PMI ed il loro presente e futuro. Infatti, è evidente che da un lato la leadership comunista ha investito tutta la sua credibilità sull’adesione al WTO; dall’altro lato il capitalismo occidentale ha puntato sul nuovo “esercito di riserva” della forza lavoro cinese, anche come futuro mercato di consumo. Una scommessa che sino ad oggi stavano vincendo tutti: le multinazionali e non, i consumatori del mondo occidentale ed anche la Cina, vera locomotiva della crescita mondiale di questi ultimi anni con il suo invidiabile PIL annuo. 

L’uscita di centinaia di milioni di cinesi dalla povertà e l’emergere di una nuova classe media asiatica trainata dal decollo delle esportazioni erano l’altra faccia della Bengodi di prodotti a basso costo per il consumatore occidentale. I più previdenti avvertono: con l’11 settembre 2001 si era già aperta la prima grande crepa nell’economia globale e da due anni il commercio mondiale ha smesso di crescere, minacciato da un’era di glaciazione. Ora la SARS aggiunge un ulteriore attacco a quel grande disegno ed al nostro tenore di vita.” (da Le PMI italiane e la Cina. Trasferimenti di tecnologia e joint venture: analisi di un caso concreto di Cristiano Zanolli – Gedit Edizioni, Bologna 2005)

 

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Comments

  • Italo Costantini

    Marzo 8, 2020 at 2:14 am
    Reply

    Ottima analisi Cristiano! Ed incredibilmente trasferibile all' attuale crisi!!! Ma quello che e' davvero incredibile che a posteriori non si parla mai di trasmigrazioni da […] Read MoreOttima analisi Cristiano! Ed incredibilmente trasferibile all' attuale crisi!!! Ma quello che e' davvero incredibile che a posteriori non si parla mai di trasmigrazioni da pipistrelli o serpenti, ma sempre di laboratori o scienziati pazzi! Read Less

    • Cristiano Zanolli
      to Italo Costantini

      Marzo 9, 2020 at 9:22 am
      Reply

      E l'ottimismo del quale si parla, caro Italo, è utile solo se seguito dal fare. Speriamo che tutti i cittadini italiani prendano maggiore coscienza del loro […] Read MoreE l'ottimismo del quale si parla, caro Italo, è utile solo se seguito dal fare. Speriamo che tutti i cittadini italiani prendano maggiore coscienza del loro modo di comportarsi. Mille grazie Read Less

  • Ricky

    Marzo 7, 2020 at 10:30 am
    Reply

    Analisi impeccabile Cristiano! Speriamo che questa nuova pandemia insegni finalmente qualcosa...Ricky

    • Cristiano Zanolli
      to Ricky

      Marzo 7, 2020 at 2:56 pm
      Reply

      Grazie, Ricky. Non possiamo cedere al fascino del "Non potevamo farci niente". Istituzioni a livello globale, ma anche l'uomo a livello individuale possono fare di […] Read MoreGrazie, Ricky. Non possiamo cedere al fascino del "Non potevamo farci niente". Istituzioni a livello globale, ma anche l'uomo a livello individuale possono fare di più. Read Less

  • Cristina

    Marzo 7, 2020 at 10:27 am
    Reply

    Complimenti per l'articolo molto chiaro e ben scritto; vediamo che effetti avremo sull'economia globale con questa nuova "pandemia" . Grazie ciao

    • Cristiano Zanolli
      to Cristina

      Marzo 7, 2020 at 2:59 pm
      Reply

      Cara Cristina, la cosa grave è che non ci troviamo davanti a un Cigno Nero. I segnali forti ci sono stati in questi ultimi vent'anni. Abbraccio

  • Nictè

    Marzo 5, 2020 at 8:36 pm
    Reply

    Complimenti signore, sei un bravo scrittore.

    • Cristiano Zanolli
      to Nictè

      Marzo 7, 2020 at 3:01 pm
      Reply

      Grazie, Sac. Qui in Italia siamo davvero in difficoltà. "Aspirare al meglio ma prepararsi al peggio" dice un famoso collega scrittore.

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Sono imprenditore nel settore metalmeccanico per la ristorazione professionale e da oltre trent’anni seguo l’omonima azienda di famiglia, riferimento industriale del Made in Italy dal 1952. Leggi tutto

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