LA RICERCA DI UNO STILE NON OMOLOGATO E CHIARO NELLA SCRITTURA PROFESSIONALE

Una scrittura brillante è fatta di variazioni continue. Alternare le più efficaci parole corte con quelle più lunghe (specie se stimolanti). Miscelare periodi corti e incalzanti, che se inflazionati infastidiscono, con periodi più lunghi (ma mai noiosi). Variare tono e stile aiuterà a mantenere viva l’attenzione del nostro pubblico.

Auspicabile è la ricerca di uno scrivere leggero e che si faccia notare tra tanti altri, allontanandosi il più possibile da linguaggi omologati che appiattiscono lo scritto e lo riempiono di parole convenzionali. Il burocratese o l’aziendalese, per esempio, devono dare spazio a un linguaggio più semplice e quotidiano, ove i tecnicismi siano rappresentati da quelle parole che davvero non si possono cambiare.

Avverbi: falsi amici?

Molta attenzione bisognerà fare con gli avverbi, che sono tra le parole più lunghe di cui disponiamo e che usiamo molto parlando. In verità, nel testo scritto spesso ottengono un effetto contrario a quello desiderato, diminuendo la forza dei verbi o delle frasi in cui sono inseriti. Oltretutto non aggiungono nulla al contenuto.

Lessico: parole e formule brevi, d’uso comune, dirette e concrete

In linea generale:

  1. usare parole brevi (a volte alternandole con parole più lunghe)
  2. usare parole comuni
  3. preferire formule dirette
  4. preferire formule o parole italiane, concrete, vivide

Quante volte, angosciati da qualche cattivo pagatore, abbiamo trasmesso lettere o e-mail che iniziavano con formule stereotipate e prolisse del tipo: arrivati a questo punto; giunti a questa conclusione (ora). Altre volte abbiamo usato parole lunghe e complicate per impressionare il lettore, del tipo: problematica (problema), istantaneamente (subito), relazionare (riferire, dire). Poi, mettendo a dura prova lo Zingarelli, rendicontazione (rendiconto) o scontistica (sconto).

Per parole comuni s’intendono quelle usate anche nel parlato quotidiano. Il contesto non deve lasciare dubbio alcuno. Neologismi, tecnicismi altrove indispensabili per ragioni di chiarezza, parole di un certo settore applicate ad altri settori, parole tipiche di un gergo appartenente a una specifica area usate fuori dal loro contesto ordinario possono generare confusione fino alla maleducazione. Si possono trovare sempre alternative negli scritti aziendali.

Se di certi inglesismi non si può fare a meno perché non esiste l’equivalente italiano, è meglio usarli on demand (all’occorrenza… ci sono ricascato). Il nostro Paese dispone già di un patrimonio linguistico eccellente e non ha bisogno di attingere ad altre fonti solo per darsi un contegno.

Fra due parole è preferibile quella più breve e lo sa bene la pubblicità che deve imprimere nella mente del consumatore il nome di un prodotto. I nomi lunghi sono legati a un concetto di cultura e creano distacco. Come per le frasi, è preferibile creare la giusta alternanza tra parole brevi e lunghe per non creare un ritmo saltellante e banale.

Meglio usare liquidi o il più concreto contanti che si lega a un’immagine e quindi più facilmente memorizzabile? La nominalizzazione fare la lavorazione, espressione astratta più legata al livello emotivo, è meno precisa del verbo lavorare? Ecco di seguito un piccolo schema con cattive abitudini e auspicabili sostituzioni.

Parole Da Evitare Parole Da Utilizzare
Accomiatarsi Partire
Approfondimento Ricerca
Affermare Dire
Di Numero Limitato Pochi
Monitorare Controllare
Estrapolare Dedurre, Ricavare
Implementare Completare, Attivare
Flotta Aziendale Auto dell’azienda
Ogniqualvolta Sempre
In riferimento a Su
Nel caso in cui

Nell’eventualità che

Se
Nel momento in cui Appena, quando

Le parole concrete rimandano a sfere sensoriali come quella uditiva o visiva, le parole astratte evocano concetti e sentimenti. Queste differenze possono creare interessanti combinazioni quando si mischiano fra loro, ma è importante stare all’erta.

Esempio:

Il nostro nuovo camino: il fascino di un calore naturale

È decisamente meglio di

Il nostro nuovo camino: il fascino dell’atmosfera che arde

PRIMO OBIETTIVO: ESSERE CHIARI

Dovremmo sempre tener presente che il destinatario decide se uno scritto è chiaro o meno. Per verificare il grado di difficoltà dei testi scritti ci possono venire in aiuto alcuni indici oggetto di studi approfonditi, detti indici di leggibilità.

Ne citiamo uno ormai storico. L’indice di Gulpease considera due variabili linguistiche: la lunghezza delle parole e la lunghezza delle frasi in rapporto al numero delle lettere.

Si punta ovviamente a una brevità delle frasi con un ridotto numero di parole e a una riduzione del numero di lettere che costituirebbero le parole stesse. L’indice di leggibilità in questo caso corrisponde a un indice di brevità delle frasi e delle parole usate nelle frasi. È evidente a qualunque buon business writer il rapporto tra l’uso di paroloni molto lunghi in frasi molto articolate e la difficoltà di un lettore con licenza elementare a decifrarne il contenuto. Man mano che la preparazione scolastica aumenta, aumenterà anche la tolleranza nei confronti di frasi lunghe composte da parole lunghe. Tutto questo però sa molto di computeristico, un tale indice infatti non tiene conto di lessico e sintassi, qualità della comunicazione, ma semplicemente di lunghezza e numero di parole e lettere, quantità della comunicazione.

Complementare all’indice Gulpease o similari è la valutazione del vocabolario comune utilizzato nel testo, ovvero la ‘notorietà’ dei singoli termini utilizzati. Alcuni programmi di videoscrittura, come Word, permettono un calcolo automatico di questo indice.

La chiarezza, come si diceva, dipende soprattutto da due fattori inerenti alla qualità della comunicazione, senza che il business writer debba ogni volta mettersi a “far di conto”: il lessico e la sintassi.

Più le parole sono comuni, familiari, facili da pronunciare e pure corte, più i periodi e le frasi sono brevi e semplici, dunque fondate su paratassi e scarsità di incisi, e più alto sarà l’indice di leggibilità.

Per dare un esempio scomporremo la frase appena formulata smembrandola in due tronconi collegati e semplificati.

Parole comuni, familiari, corte e facili da pronunciare, periodi e frasi brevi e semplici daranno un alto indice di leggibilità. Meglio usare pensieri indipendenti tra loro e pochi incisi.

Gli indici di leggibilità non sono in grado di valutare altre abilità di chi scrive, quali saper proporre e posizionare delle parole chiave con l’augurio che un buon lettore le percepisca o saper trasmettere delle emozioni. Testi con indici di leggibilità vicini magari al 100% ma con contenuti noiosi o insignificanti non servono a nessuno. È più utile ricordarsi di mettere il soggetto all’inizio della frase e il predicato vicino al soggetto.

L’argomento influisce sulla chiarezza della nostra lingua, come lessico e come sintassi. Sta a noi graduarne la difficoltà, evitando banalità o tecnicismi e sintonizzandoci sul livello culturale del destinatario.

Nel nostro Paese sembra che a volte si faccia a gara per scrivere in modo oscuro, allontanando la lingua scritta da quella parlata. Forse perché l’italiano era poco in uso fino all’inizio del secolo scorso e forse perché la scuola stessa ha preferito termini come viso e adirarsi ai più semplici e comuni faccia e arrabbiarsi.

 

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Sono imprenditore nel settore metalmeccanico per la ristorazione professionale e da oltre trent’anni seguo l’omonima azienda di famiglia, riferimento industriale del Made in Italy dal 1952. Leggi tutto

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