Pieno luglio 2019, il mio hotel dava proprio sulla British Library, di cui avevo sentito un gran parlare. Dall’alto avevo già potuto osservare la complessità dei bassi edifici in mattoni rossi affacciati su una grande corte e la enorme statua di Isaac Newton a dominare gli ampi spazi esterni con il suo sguardo severo.
Il complesso, ultimato nel 1998, custodisce documenti preziosissimi. Tra questi il Codex Sinaiticus (stimato il primo testo completo del Nuovo Testamento), i taccuini di Leonardo e una copia della Magna Carta risalente al 1215.
La libreria si trova qui dal 1998 fra le stazioni londinesi di King’s Cross e Euston, appena fuori il quartiere di Bloomsbury, area legata indissolubilmente a circoli artistici e a grandi nomi della letteratura inglese. Charles Dickens, Virginia Woolf, Thomas Stearns Eliot fra questi.
L’edificio suscita reazioni contrastanti, compresa la mia. Soprattutto la facciata, disegnata dall’architetto Colin St. John Wilson, non piace a tutti. Vuoi perché il fabbricato è costato troppo, sembra essere quello più caro della Gran Bretagna con i suoi 500 milioni spesi, vuoi per lo stile, il Principe Carlo lo paragonò a un palazzo della polizia segreta.
Ma anche per chi ne critica l’aspetto esterno, come non ammirarne l’ampio e spettacolare interno? Come non rimanere storditi alla notizia che sono stati usati 10 milioni di mattoni per costruire tutto questo? Una volta entrati, ciò che impressiona maggiormente è quello che si può ammirare nella Treasure Exhibitions, dove sono esposti documenti inerenti alla cultura britannica, e non, che vanno dalla copia duecentesca della Magna Carta agli scritti di Shakespeare, dalle lettere di Virginia Woolf alle canzoni autografe dei Beatles.
E sono rimasto sbalordito, spero non si sia tanto notato, nell’ammirare la torre di vetro e bronzo situata al centro della biblioteca. Sei piani contenenti The King’s Library, la biblioteca accademica di oltre 85.000 volumi donata alla nazione britannica da re Giorgio IV. Qui si trovano I Racconti di Canterbury di Chaucer e la prima raccolta delle opere di Shakespeare.
La British Library è soprattutto una biblioteca di ricerca, quindi serve un’autorizzazione per accedere alle molte reading room. Il regolamento è rigido, in perfetto stile British, le richieste di accesso devono essere ben motivate e se possibile anche accompagnate da lettere di presentazione di scuole, Università o biglietti da visita “importanti” che accertino il reale interesse alle consultazioni o ai prestiti. Niente penne, ombrelli, oggetti appuntiti. Solo matite, ma divieto assoluto di sottolineature (ci mancherebbe altro, magari ti arrestano).
I cartelli esterni alle reading room segnalano anche: mani sempre asciutte e comportamento consono ai volumi d’eccezione ospitati. Massimo rispetto, massima ingessatura. In compenso, i possessori di reader pass possono accedere a sale riservate già organizzate negli argomenti di trattazione. Comodo davvero.
Tuttavia, poche le mie amate aree di studio e di ispirazione prese per lo più d’assalto da giovani studenti armati di pc e cuffie per ripararsi dal brusio di fondo. Io ero dotato solo di Bic, ma mi sono battuto bene brandendola per più di un’ora. Queste aree sono forse troppo promiscue. Il chiacchiericcio era molto fastidioso e non proveniva solo dai visitatori del complesso culturale, viste le numerose zone ricreative e i negozi presenti. Esagerati i punti di ristoro o caffè che offrono tavoli per parlare, ma anche per scrivere o studiare in cambio di consumazioni.
La biblioteca nazionale del Regno Unito è famosa in tutto il mondo
Come al Centre Pompidou di Parigi anche qui sono numerose le mostre temporanee, alcune gratuite altre a pagamento come le attuali: Leonardo Da Vinci: A mind in motion e “Writing: making your mark”.
Rispetto alla collega parigina, non ha l’apparenza di una biblioteca particolarmente user friendly, la British Library. Ma a giudicare da ciò che leggo nel loro opuscolo What’s On e dall’intrigante corso di scrittura in inglese medioevale di cui ho curiosato lo svolgimento in un’aula, credo che per i membri associati la musica sia proprio diversa e le numerose attività pubblicizzate per i soli membri sembra dar ragione a questa tesi.
Chi scrive di qua, chi legge di là, chi si prende un caffè, chi compra un libro o un gadget. – Bella l’atmosfera – sussurra un altro visitatore. Soprattutto ricca, molto ricca e valorizzata la Library. E come non rivolgere un pensiero alla Biblioteca Capitolare di Verona, ora la biblioteca più antica del mondo, dopo la distruzione di quelle di Pergamo e Alessandria d’Egitto?
– Fino al 1700 è stata anche la più importante al mondo. Oggi è pure la più povera. Non riceve alcun aiuto, né dallo Stato, né dalla Regione Veneto. – spiega monsignor Bruno Fasani in una intervista apparsa il 4 agosto dell’anno passato sul quotidiano locale L’Arena. Il prefetto della Biblioteca Capitolare specifica al giornalista:
– Sono arcisicuro di questo primato. Basterebbe il codice di Ursicino, l’unico che riporti una data certa: 517 dopo Cristo. Ma fra i nostri 100.000 volumi abbiamo 1.300 codici che partono dall’anno 300. Fu possibile salvarli perché Verona non venne distrutta dai barbari, che qui piantarono casa. Custodiamo la prima copia del De Civitate Dei di sant’Agostino. Qui venne Dante, qui Petrarca scoprì le Lettere di Cicerone.
E poi abbiamo l’indovinello veronese, il più antico documento del volgare italiano. […] Dal comune di Verona arriva unicamente un piccolo contributo annuale per rendere la biblioteca frequentabile dalle scolaresche. […] Mi spiace che il sindaco Federico Sboarina dai microfoni di RTL 102.5 abbia indicato ai turisti tre motivi principali per visitare Verona, senza che fra questi figurasse la Capitolare. – conclude il prelato.
Spiace soprattutto che si indichi la Casa di Giulietta, con relativa tetta da strusciare dico io, come motivo principale per visitare una città patrimonio mondiale dell’Unesco. E allora il match è sospeso: Londra batte Verona per manifesta inferiorità.
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