MARINA ABRAMOVIĆ, ARTE e/o FOLLIA

Fino al 16 febbraio c’è ancora modo di visitare la mostra Marina Abramović between breath and fire al Gres Art 671 di Bergamo.

Nel suo percorso espositivo Marina Abramović, giudicata una delle artiste più importanti e influenti dell’arte contemporanea, fa dialogare il suo film operistico Seven Deaths del 2020 con altri suoi numerosi storici lavori che esplorano le relazioni tra l’artista e il pubblico, esaltando il contrasto tra i limiti del corpo, le possibilità della mente, gli aspetti di interdisciplinarità.

L’artista serba, naturalizzata statunitense, è attiva fin dagli anni Sessanta del secolo scorso e per questo è definita la “nonna della performance art”.  Alcune sue prestazioni, originariamente pianificate o in altri casi spontanee, sono concepite in questa mostra come ci trovassimo in una installazione immersiva strutturata in quattro capitoli tematici: Il respiro (The Breath), Il corpo (The Body), L’Altro (The Other), La Morte (The Death).  

Lo spazio aperto della mostra presenta ogni opera d’arte separatamente, facilitando connessioni lungo tutto il percorso sebbene ogni opera d’arte agisca come un elemento indipendente all’interno di ogni capitolo, coinvolgendo il visitatore piano piano in un’unica esperienza.

Come riporto nel video, le performance di Marina Abramović coinvolgono spesso prove fisiche e psicologiche estreme, spingendo al limite la sua resistenza e l’interazione con il pubblico. Come successe nell’opera Lips of Thomas dove il suo corpo, oggetto dell’atto artistico, fu talmente sottoposto al dolore fisico che la prova venne interrotta dall’intervento degli spettatori presenti. Ecco un esito imprevedibile: in casi estremi il confine tra performer e pubblico si dissolve.

Unico neo della manifestazione? La mancanza totale di cenni su una delle sue più conosciute prestazioni artistiche: The Artist is Present del 2010, quando al MoMA di New York si avvicendarono ai suoi occhi circa 1700 volti di spettatori e spettatrici a sedere frontalmente a lei in rigoroso silenzio. 700 ore su una sedia a fissare immobile volti di fronte a sé. Una delle performance artistiche più lunghe della storia.  Un viaggio in cui l’artista e il pubblico si trovano uniti, capaci di trasmettere emozioni tra loro attraverso un linguaggio non verbale, quasi sacro.

Il percorso termina dunque con la proiezione della video installazione 7 Deaths of Maria Callas una esperienza cinematografica avvolgente in cui teatro e cinema si fondono. Mettendosi al centro della scena Marina Abramović diventa Callas, ma anche alcune delle celebri eroine del melodramma da lei incarnate. Le colonne sonore si susseguono in sette assoli di quella leggendaria soprano che l’aveva così colpita in gioventù in una folgorante empatia, mentre Abramović la ripensa attraverso sette tragiche morti interpretate dalla cantante lirica in scena.

Usare nuove forme e materiali, esporre oggetti dalle forme comuni o bizzarre, manipolare il proprio corpo talvolta irrimediabilmente. Da Gina Pane a Vito Acconci, da Chris Burden a Marina Abramović: molti artisti hanno superato i limiti dell’opera d’arte? È opera d’arte, almeno secondo ciò che è stato definito durante il corso dei secoli, testare i limiti della resistenza umana con l’introduzione nella pratica artistica di elementi innovativi o sconvolgenti quali la prova, la resistenza, la sofferenza?

Marina Abramović ci spiega il suo punto di vista nella sua autobiografia Attraversare i muri. Dopo essersi formata presso le accademie di Belgrado e Zagabria, si pone subito nell’ambito sperimentale della Body Art, svolgendo la sua ricerca sui limiti fisici e mentali della propria persona e avviando così la sua lunga e ricca carriera di artista concettuale. L’opera d’arte non è solamente fissata con la pittura, la scultura, il disegno. Per lei l’arte si esprime attraverso il corpo. L’arte di Marina Abramović è il suo corpo durante la performance. Il corpo si fa arte in un momento, in una istantanea.

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Sono imprenditore nel settore metalmeccanico per la ristorazione professionale e da oltre trent’anni seguo l’omonima azienda di famiglia, riferimento industriale del Made in Italy dal 1952. Leggi tutto

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