intervista alla business writer, docente, scrittrice luisa carrada

“Offro alle organizzazioni la tecnologia più antica e potente, quella che non cambia mai, si adatta a tutti i dispositivi, è leggerissima e sempre con noi: le parole” (Luisa Carrada)

Luisa Carrada, business writer e writing coach, è anche autrice di libri illuminanti, del generosissimo blog.mestierediscrivere.com e di molte altre fantastiche cose.

Romana d’adozione, pisana di nascita nel suo sito dichiara: “Che mi sarei guadagnata la vita con le parole non lo avevo proprio previsto. Sono sempre stata una lettrice vorace, ma il mio vero amore – da piccola – erano le immagini”.

Dopo l’esordio a Radio2, “dove le immagini andavano suscitate con le sole parole e mi è piaciuto talmente tanto che ho scritto parole da ascoltare per cinque anni”, Luisa Carrada approda alla comunicazione aziendale scritta e a tutti gli strumenti del caso: comunicati stampa, bilancio, presentazioni, verbali, report, schede prodotto, brochure, case study, white paper.

Con l’arrivo di Internet, davanti a Luisa si spalanca un nuovo mondo e soprattutto la possibilità di riconciliare i suoi due grandi amori, le immagini con le parole.

Infine il grande salto nella libera professione “da scrivere per una sola azienda a scrivere e insegnare a scrivere per tante aziende diverse. Una vita professionale molto più avventurosa, ma anche più varia ed entusiasmante, in cui imparo ogni giorno”.

E tutto quello che ha imparato, Luisa Carrada continua a condividerlo nei suoi libri, sul blog, Facebook, Twitter e Instagram. Per conoscerla meglio: “tutte le strade partono dal mio sito www.luisacarrada.it. Un sito personale arrivato per ultimo, dopo molti anni. Perché non c’è niente da fare, al fondo rimango un’inguaribile ghost writer”.


cz Luisa, come cambia e si evolve di continuo la scrittura in azienda. Penso all’impiego di alcuni verbi o all’uso di parole straniere. Durante l’incontro formativo precedente l’attuale situazione di emergenza abbiamo parlato di alcune espressioni inflazionate e di diversi verbi logori, ma imperanti nel marketing e nel linguaggio aziendale. Declinare e coniugare, solo per citarne un paio. Non si è accennato al verbo ALLINEARE, che a volte fa molto freccia tricolore. Non trovi che questo verbo stia facendo a gomitate per arrivare in cima alle classifiche di quelli più usati, anche a sproposito?

LC Sì, declinare e coniugare si sono riversati dalla grammatica, dove hanno un significato ben preciso, al marketing e alla comunicazione dove vogliono dire… praticamente tutto. Di recente ho visto declinare usato persino nel significato di illustrare, descrivere. Quanto ad allineare, è verissimo: fa tanto tono di voce da Ministero dell’Interno. Però le parole vanno sempre considerate nel contesto, perché come nella chimica (Primo Levi insegna) reagiscono diversamente a seconda delle altre parole con cui entrano in contatto. Io per esempio amo allineare quando parlo di “allineare l’espressione alle intenzioni”, uno degli obiettivi più importanti della scrittura.

cz Nel nostro incontro non abbiamo parlato degli inglesismi e del loro abuso nella comunicazione professionale. Eppure, nei tuoi libri ne hai trattato a lungo. La tua posizione si è ammorbidita negli anni o ritieni ancora che l’uso di termini stranieri sia spesso maldestro? 

LC Non direi che mi sono ammorbidita, però non sono neanche una purista ossessiva. Da sempre mi regolo privilegiando la parola italiana se percepita come adeguata, appropriata, plausibile, ma non mi faccio alcun problema a usare parole inglesi se fanno parte di quel settore di mercato e se sono più chiare e precise. Il problema non è impoverire l’italiano, né fare troppo gli esterofili, ma scegliere di volta in volta la parola migliore e più comunicativa, anche se è inglese. La globalizzazione è anche globalizzazione del linguaggio, ma bisogna coglierne l’elemento di ricchezza espressiva, che c’è quando usiamo le parole con consapevolezza.

cz Quali sono gli errori ricorrenti negli scritti che ricevi?

LC Direi che quello più ricorrente riguarda l’ordine delle informazioni, perché la nostra tendenza è di esporre o raccontare secondo il nostro personale punto di vista di autori che già sanno quanto stanno per scrivere. Mettersi dall’altra parte, quella del lettore che ancora non sa, è indubbiamente difficile, ma è uno degli elementi che più contribuisce all’agio e alla fluidità della lettura, così come alla credibilità e all’autorevolezza di chi scrive. L’ordine migliore non è sempre lo stesso: a volte può essere l’informazione più importante che fornisce la chiave di lettura, a volte un dettaglio significativo che incuriosisce, altre ancora un inquadramento necessario del tema. Sta a noi decidere, facendoci – ancor prima di scrivere una sola parola − tutte le domande che ci aiutano a metterci nei panni di chi ci leggerà.

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Sono imprenditore nel settore metalmeccanico per la ristorazione professionale e da oltre trent’anni seguo l’omonima azienda di famiglia, riferimento industriale del Made in Italy dal 1952. Leggi tutto

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